L’Impatto dei Social Media e dei Cellulari nelle Comunità Terapeutiche in Italia
Le comunità terapeutiche (CT) in Italia sono state uno dei pilastri fondamentali nel trattamento delle dipendenze da sostanze, offrendo un approccio basato sulla responsabilità individuale, il supporto tra pari e la riabilitazione sociale.
Sviluppatesi negli anni ’70, le C.T. sono ambienti residenziali strutturati, dove l’intervento terapeutico si basa sul modello della “comunità come metodo”: in queste comunità, i pazienti lavorano insieme per promuovere la loro riabilitazione, partecipando a terapie di gruppo e attività comuni che incoraggiano la responsabilità personale.
Studi condotti su queste comunità hanno dimostrato nel tempo un impatto positivo nella riduzione dell’uso di sostanze, nel miglioramento del funzionamento psicologico e nella qualità della vita dei partecipanti. Tali dati hanno, però, avuto una significativa ridefinizione dopo l’ ingresso nell’ era digitale, allorquando il drastico cambiamento nella routine ordinaria dell‘uomo ha reso ormai quasi inderogabile, nel tempo, l’ uso dello smartphone nella gestione della vita privata, dei contatti lavorativi e della dimensione sociale
Pre e Post-Social Media: il funzionamento delle CT
Prima del 2005, l’ambiente delle CT era altamente controllato e i pazienti erano completamente isolati da influenze esterne, in particolare dalle reti sociali, al fine di garantire una piena immersione nel processo terapeutico: le comunità terapeutiche operavano secondo rigide regole che escludevano qualsiasi tipo di comunicazione esterna soprattutto per un periodo iniziale, programmando progressivamente un recupero dei contatti dietro ridefinizione di bisogni e valenze degli stessi.
L’isolamento da influenze esterne era considerato inoltre essenziale per favorire un ambiente coeso e concentrato sulla riabilitazione: la struttura organizzata delle CT, con responsabilità chiare e ruoli definiti per ogni paziente, contribuiva a creare un senso di appartenenza e uno scopo collettivo, fattori chiave per il successo del percorso di recupero.
Gli studi rispetto a quegli anni riportano tassi di abbandono moderati, tra il 20% e il 30%, con un’alta adesione alle attività comunitarie e una forte partecipazione ai programmi terapeutici.
Dopo il 2005, l’introduzione dei telefoni cellulari e dei social media ha portato cambiamenti radicali all’interno delle CT italiane. Uno dei punti più critici emersi in alcuni studi è l’effetto negativo che l’uso di dispositivi digitali ha sull’engagement terapeutico.
I pazienti che in regime residenziale non hanno accesso allo smartphone e ai social media tendono a sentirsi distanti da alcuni processi di vita, gestiti tramite i device, che sentono di non poter controllare, e questa evidenza li porta ad una riduzione significativa in termini di compliance e di qualità del processo terapeutico, con un conseguente peggioramento dei risultati a lungo termine.
Inoltre, l’ assenza di contatto con un mondo – quello virtuale – che in tutto e per tutto appartiene alla dimensione personale di ogni nativo digitale, porta evidenze di drop-out significative, percependo tale distanza insostenibile e non avendo, se non per ragioni eccezionali, alcuna deroga riguardo la contrattualità con regole e norme delle CT.
Gli studi presenti in letteratura evidenziano infatti tassi di abbandono che, in epoca post digitale, hanno raggiunto in alcune CT il 45-55%.
Strategie di Adattamento e Interventi Proposti
Per affrontare le sfide poste dall’uso dei social media e dei cellulari, molte C T in Italia si stanno ponendo una domanda che orienta alla possibilità di poter integrarne in maniera più continua l’ uso nel percorso terapeutico, pur questo divenendo un rischio che deve prevedere un’ attenzione in termini di controllo, e verosimilmente un programma di educazione digitale che possa ridisegnare modi e significati dell’ utilizzo dei device, spesso essi stessi strumento di contatto altamente disfunzionale in se, oltre che mezzo per reperire le sostanze d’ abuso stesse.
Alcuni centri stanno inoltre sperimentando l’integrazione di strumenti digitali pensati proprio per supportare il processo terapeutico, come app per il monitoraggio del comportamento e gruppi di supporto online. Tali processi, per i quali è necessario attendere dati ed evidenze di ricerca a lungo termine, mirano intrinsecamente a riformulare il significato di utilizzo dei device stessi.
La Comunità Scientifica è chiamata ad un’attenta riflessione sulla rivisitazione dell’ uso responsabile della tecnologia all’ interno dei processi di cura, garantendo che il suo impatto possa eventualmente consentire un miglioramento di alcuni dati di rilevanza attuale, e che possa aprire a delle prospettive di ridefinizione della cornice del processo terapeutico, a tutela soprattutto delle generazioni post digitali.